Il risarcimento del danno patrimoniale: cos’è e come funziona

Cos’è il danno patrimoniale e come si calcola il suo risarcimento? Quando spetta il risarcimento del danno patrimoniale? In questa guida scopriamo tutto quello che c’è da sapere su questo tipo di danno e sul suo risarcimento.

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Risarcimento del danno: patrimoniale e non patrimoniale

Ma andiamo con ordine: cos’è il risarcimento del danno? La definizione danno patrimoniale si riferisce al danno economico che colpisce la sfera del danneggiato provocando un impoverimento.

Il risarcimento del danno è previsto nell’ordinamento giuridico italiano dall’articolo 2043 del codice civile:

“Qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”.

Il risarcimento del danno consiste quindi in un compenso dovuto alla vittima di un danno che è la diretta conseguenza di un illecito.

Il comportamento antigiuridico che ha causato il danno può riguardare una condotta illecita extracontrattuale o contrattuale. Nell’ultimo caso si tratta di una condotta che non rispetta gli obblighi contrattuali. L’illecito extracontrattuale riguarda invece una condotta che lede la convivenza tra individui della società civile, al di fuori di un contratto. Esiste anche la responsabilità extracontrattuale, che lede le norme che disciplinano le trattative per la stipula di un contratto.

Per l’obbligo del risarcimento del danno è necessario quindi che ci sia un nesso causale tra la condotta illecita e il danno provocato. I danni subiti e che devono essere risarciti si suddividono in danni patrimoniali (al patrimonio) e non patrimoniali (alla persona).

Tipologie di responsabilità civile

La legge riconosce due tipologie di responsabilità civile: quella eextracontrattuale e quella contrattuale. A queste si aggiunge quella precontrattuale.

La responsabilità civile prevede il risarcimento danni patrimoniali (di cui parliamo in questa guida) e dei danni non patrimoniali, ovvero alla persona.

La responsabilità civile sussiste quando viene violata una norma civile, con la conseguente applicazione di sanzioni tipiche del diritto civile: il risarcimento del danno, per l’appunto. 

Quella penale, invece, si ha quando il soggetto viola un precetto previsto dalla legge penale, per cui si ha l’applicazione delle pene.

Il nesso di causalità

Come detto più su il soggetto che ha commesso l’illecito è responsabile dell’obbligo risarcitorio solo se la sua condotta è ricollegabile causalmente all’evento dannoso. Se esiste cioè un nesso di casualità tra la condotta e il danno.

Differenza tra risarcimento del danno e indennizzo

Se il risarcimento del danno è dovuto in caso di condotte illecite. L’indennizzo invece è previsto al di fuori di comportamenti che si pongono in contrasto con l’ordinamento.  

In secondo luogo, mentre il risarcimento ha la finalità di ripristinare la situazione preesistente al danno, l’indennizzo ha una mera funzione riparatoria, che non è necessariamente commisurata al pregiudizio. 

l risarcimento del danno patrimoniale: cos’è?

Cos’è il danno patrimoniale? Il risarcimento del danno patrimoniale è un compenso che risarcisce la lesione di un interesse patrimoniale. In caso di danno patrimoniale definizione può fare riferimento sia a una diminuzione del patrimonio (danno emergente) e sia al mancato guadagno determinato dal fatto dannoso (lucro cessante).

Occorre distinguere tra perdita della capacità di lavoro generica e specifica:

  • la perdita della capacità lavorativa generica si sostanzia in un danno non patrimoniale consistente nelle difficoltà ad esercitare un’occupazione lavorativa astrattamente intesa;
  • la perdita della capacità lavorativa specifica è un danno patrimoniale consistente nella difficoltà di continuare a svolgere concretamente il proprio lavoro e da cui scaturisce il danno futuro da lucro cessante.

Si ricorda che «gli effetti pregiudizievoli della lesione della salute del soggetto leso possono consistere in un danno patrimoniale da lucro cessante laddove vengano ad eliminare o a ridurre la capacità di produrre reddito» (Cass. 12211/2015).

Le due componenti del danno patrimoniale

Il danno patrimoniale, pur essendo unitario, è formato dunque da due componenti. Entrambe queste componenti sono utili nella quantificazione danno patrimoniale e sono:

il danno emergente, ossia la perdita patrimoniale subita dal creditore o dalla vittima; ad esempio, il valore delle merci trasportate e andate distrutte per colpa ascrivibile al vettore o le spese mediche sostenute a seguito di un incidente e così via;
il lucro cessante vale a dire il mancato guadagno, ossia il profitto che il soggetto avrebbe ottenuto senza il verificarsi dell’evento dannoso; ad esempio, il guadagno che il creditore avrebbe ricavato dalla vendita delle merci, se non fossero andate distrutte.

Danno emergente

Il danno emergente è un danno attuale e immediato che si realizza con la diminuzione delle sostanze patrimoniali provocata dall’illecito.

Il danno emergente consiste nella perdita economica che il patrimonio del creditore ha subito per colpa della mancata, inesatta o ritardata prestazione del debitore.

Rientrano nel danno emergente:

  • il disvalore economico provocato dalla mancata, inesatta o ritardata prestazione del debitore;
  • le spese sostenute per rimuovere inesattezze della prestazione;
  • la temporanea impossibilità di godere del bene;
  • i danni provocati alla persona o ai beni del creditore.

Lucro cessante

Il lucro cessante è il mancato guadagno patrimoniale provocato dall’inadempimento o dall’illecito che si sarebbe dovuto conseguire in caso l’obbligazione fosse stata regolarmente adempiuta o in mancanza della lesione.

Quindi, a differenza del danno emergente, il lucro cessante attiene a una ricchezza non ancora inglobata nel patrimonio del danneggiato, ma che si sarebbe ragionevolmente prodotta. In altre parole, per calcolo danno patrimoniale lucro cessante, considera la ricchezza che il creditore non ha conseguito in seguito al mancato utilizzo della prestazione dovuta dal debitore. Oppure fa riferimento, al di fuori di un rapporto contrattuale, alla perdita delle possibilità di guadagno che il fatto illecito provoca al danneggiato.

Prova rigorosa del lucro cessante

Il risarcimento di questo tipo di danno è dunque riconosciuto solo nel caso in cui c’è la probabilità o la certezza della sua concreta esistenza, da fornire con prova “rigorosa”.

Tratta di lucro cessante prova la Corte di Cassazione nella sentenza n.23304, 8 novembre 2007: “Occorre pertanto che dagli atti risultino elementi oggettivi di carattere lesivo, la cui proiezione futura nella sfera patrimoniale del soggetto sia certa, e che si traducano, in termini di lucro cessante o in perdita di chance, in un pregiudizio economicamente valutabile ed apprezzabile, che non sia meramente potenziale o possibile, ma che appaia invece – anche semplicemente in considerazione dell’id quod plerumque accidit connesso all’illecito in termini di certezza o, almeno, con un grado di elevata probabilità“.

Lucro cessante e danno emergente: differenze ed esempi

Qui di seguito facciamo qualche esempio per comprendere la differenza tra perdita subita (danno emergente) e mancato guadagno (lucro cessante). In particolare consideriamo il caso di risarcimento danno patrimoniale sinistro stradale.

Per esempio in un sinistro stradale se una macchina con un comportamento illecito (non rispetta la precedenza) causa la caudta di un motociclista, causa diversi danni. Nel calcolo danno patrimoniale sinistro stradale ci sono i costi per la riparazione della motocicletta e per le spese mediche. Questi si inseriscono nel danno emergente, perché si tratta di una perdita per il danneggiato.

La rottura del braccio rappresenta una lesione personale, che si traduce in un danno alla salute (danno biologico), ma anche in un danno patrimoniale da mancato guadagno, consistente nel fatto che il malcapitato, per tutto il periodo in cui porterà il gesso, non potrà lavorare.

Facciamo un esempio anche per quanto riguarda la responsabilità contrattuale: un negoziante acquista della merce da rivendere nella propria bottega ma il vettore perde il carico. Il commerciante:

  • deve ricomprare la merce andata distrutta, quindi, la sua perdita rappresenta un danno emergente;
  • non può giovarsi dei profitti che avrebbe conseguito vendendo la merce e questo pregiudizio si traduce in un mancato guadagno, ossia nel lucro cessante.

Danno non patrimoniale: prova del lucro cessante

Come detto più su, il danno patrimoniale può derivare da un inadempimento contrattuale o da un illecito extracontrattuale. L’onere della prova cambia a seconda della tipologia di responsabilità.

In caso di responsabilità contrattuale (art. 1218 c.c.) spetta al debitore dimostrare che l’inadempimento o il ritardo sia stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.
In caso di responsabilità extracontrattuale (art. 2043 c.c.), l’onus probandi del pregiudizio subito incombe sul danneggiato.

Ai fini del risarcimento del danno da mancato guadagno, il danneggiato deve dimostrare gli elementi costitutivi del danno e la sua diretta consequenzialità rispetto all’inadempimento e all’illecito (nesso causale) e il quantum debeatur. Il danneggiante deve invece allegare i fatti impeditivi alla produzione del danno, utili anche per calcolo del danno patrimoniale.

Lucro cessante: come si calcola il risarcimento?

Per quanto riguarda il calcolo danno patrimoniale, la perdita subita (danno emergente) è di agevole individuazione. Invece il mancato guadagno presenta delle difficoltà nel danno patrimoniale calcolo sotto il profilo del quantum. Per lucro cessante calcolo considera anche il danno futuro, che si produrrà con ragionevole certezza. Invece il calcolo lucro cessante non comprende i guadagni meramente ipotetici (Cass. 7647/1994) e vanno detratti gli eventuali vantaggi ottenuti dal creditore (compensatio lucri cum damno).

Per esempio, se a causa del ritardo nella consegna da parte del venditore, il compratore paga con ritardo il prezzo del bene pattuito, esso costituisce un vantaggio da detrarre dal risarcimento solo se il venditore dimostri che l’acquirente abbia impiegato il denaro in investimenti lucrosi (Cass. 1562/2010).

Sul risarcimento del danno si pagano le tasse?

Per quanto riguarda la tassazione del danno patrimoniale, possiamo dire che le tasse si pagano, ma solo sulla componente di risarcimento relativa al lucro cessante. Perciò per danno emergente tassazione non sussiste.

Infatti, trattandosi di un mancato guadagno, tale cifra rappresenta una quota di reddito che, in assenza del pregiudizio, si sarebbe conseguita. Perciò in questo caso c’è la tassazione risarcimento danni e, quindi, risulta imponibile ai fini fiscali.

La tassazione del risarcimento da lucro cessante è esclusa solo relativamente agli importi liquidati a titolo di invalidità permanente o per morte, benché corrisposti in sostituzione del reddito perduto.

Danno non patrimoniale: prova del mancato guadagno

Come abbiamo visto, il lucro cessante non comprende danni meramente ipotetici, ma occorre allegare l’utilità persa.

«Il danno patrimoniale futuro, derivante da lesioni personali, va valutato su base prognostica ed il danneggiato può avvalersi anche di presunzioni semplici, sicché, provata la riduzione della capacità di lavoro specifica, se essa non rientra tra i postumi permanenti di piccola entità, è possibile presumere, salvo prova contraria, che anche la capacità di guadagno risulti ridotta nella sua proiezione futura – non necessariamente in modo proporzionale – qualora la vittima già svolga un’attività lavorativa.

Tale presunzione, peraltro, copre solo l'”an” dell’esistenza del danno, mentre, ai fini della quantificazione del danno patrimoniale, è onere del danneggiato dimostrare la contrazione dei suoi redditi dopo il sinistro, non potendo il giudice, in mancanza, esercitare il potere di cui all’art. 1226 c.c., perché esso riguarda solo la liquidazione del danno che non possa essere provato nel suo preciso ammontare, situazione che, di norma, non ricorre quando la vittima continui a lavorare e produrre reddito e, dunque, può dimostrare di quanto quest’ultimo sia diminuito» (Cass. 21988/2019; Cass. 15737/2018; Cass. 11361/2014).

Quantificazione del danno da lucro cessante

Il danno da lucro cessante deve essere quantificato dal danneggiato. Infatti, il potere di decidere in via equitativa, di cui all’art. 1226 c.c., riguarda solo la liquidazione danno patrimoniale che non possa essere provato nel suo preciso ammontare. Questa situazione non ricorre quando la vittima continui a lavorare e produrre reddito e, dunque, abbia la possibilità di dimostrare di quanto quest’ultimo sia diminuito.

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