Risarcimento danno esistenziale: definizione e quantificazione
Danno esistenziale è un pregiudizio di natura non patrimoniale che indica un peggioramento della qualità della vita della vittima, a causa di un evento lesivo.
Con questo termine non si indica un danno alla salute (danno biologico), ma ai valori dell’esistenza del danneggiato. Inoltre si differenzia anche dal danno morale perché il danno esistenziale è tangibile, concreto e visibile dall’esterno. Infatti comporta l’impossibilità di svolgere attività abituali.
Hanno diritto al risarcimento integrale di tutti i danni, quindi anche esistenziali, le vittime che hanno contratto una malattia professionale. Infatti alcune categorie di lavoratori sono esposti a fattori di rischio che possono provocare gravi danni alla salute. Per esempio ci sono l’uranio impoverito, il gas radon e, soprattutto, l’amianto. Quest’ultimo infatti può causare l’insorgere di patologie asbesto correlate e tumori da amianto. La pericolosità dell’esposizione ad asbesto è confermata anche dall’ultima monografia dello IARC.
Tra le categorie più a rischio ci sono i dipendenti delle Forze Armate e Comparto Sicurezza. Coloro che hanno subito dei danni alla salute conseguenti allo svolgimento del proprio lavoro possono far richiesta di riconoscimento dello status di Vittima del Dovere. In questo modo possono ottenere determinati benefici.
In questa guida scopriamo cos’è il danno esistenziale, come ottenere per danni esistenziali risarcimento e il calcolo danni.
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Cosa si intende per danno esistenziale?
Danno esistenziale definizione racchiude tutte le lesioni dei valori fondamentali della propria esistenza. Comprende quindi tutto ciò che può provocare forti disagi e alterazioni della personalità nella vittima. Questi devono cagionare un deterioramento o uno stravolgimento apprezzabile della qualità della sua vita sociale e delle sue abitudini personali.
Per esempio alterazioni nella vita della vittima possono essere disturbi del sonno, impossibilità di avere rapporti intimi, la chiusura in se stessi, la perdita di autostima, un progressivo isolamento, un atteggiamento passivo. Tutti questi aspetti sono compresi nella definizione danno esistenziale.
Come dimostrare il danno esistenziale?
Danni morali, danno esistenziale e danno biologico fanno parte del danno non patrimoniale (art. 2059 del Codice Civile). È risarcibile indipendentemente da eventuali ripercussioni sulla sua capacità di produrre reddito (articoli 138 e 139 del Codice delle assicurazioni private).
Perciò, quando si subisce delle lesioni tali da compromettere e sconvolgere fortemente la propria vita relazionale e sociale, si ha diritto a un risarcimento del danno esistenziale, suscettibile di valutazione equitativa (Sentenza Cassazione n.19963 del 2013).
Tuttavia questa tipologia di pregiudizio non è determinabili attraverso una perizia medico-legale e non è quantificabili attraverso valori percentuali, come nel caso dell’invalidità permanente. Quindi spetta al danneggiato l’onere di provare in modo tangibile e oggettivamente accertabile il pregiudizio subito. Successivamente, data la soggettività del danno e l’assenza di una normativa unica, sarà compito del giudice analizzare e valutare, caso per caso, la sussistenza dei danni esistenziali e a determinare l’entità del danno esistenziale risarcimento.
Come quantificare il danno esistenziale?
Secondo quanto stabilito dalle Sentenze di San Martino del 2008, il danno non patrimoniale è unitario. Ciò influisce sul calcolo risarcimento danni. Questo vuol dire che le sue componenti non possono essere risarcite autonomamente. Ciò vale anche per il calcolo danno esistenziale.
Per danno esistenziale quantificazione avviene con il metodo equitativo o con applicazione delle tabelle del Tribunale di Milano. In questo modo, l’entità degli importi dovuti per il risarcimento dei danni biologici è calcolata su base equitativa con personalizzazione, che tenga conto della sfera morale ed esistenziale.
Tuttavia, circostanze eccezionali, consentono al giudice di stabilire un aumento dell’ammontare del risarcimento e della quantificazione danno esistenziale. Questo è importante, per esempio, per il calcolo lesioni macropermanenti.
Infatti, secondo quanto stabilito dall’art.138 del Codice delle assicurazioni private, qualora le lesioni macropermanenti, cioè superiore a 9 punti d’invalidità, incidano in maniera considerevole e rilevante sugli aspetti dinamico-relazionali della vita della vittima, il risarcimento del danno non patrimoniale previsto dalle tabelle di Milano può essere incrementato dal giudice fino al 30%. Per quanto riguarda, invece, le lesioni micropermanenti, cioè inferiori a 9 punti d’invalidità, il giudice ha la possibilità di aumentare la quantificazione risarcimento danni fino al 20%.
Risarcimento danno esistenziale senza quello biologico
In alcuni casi la vittima può non subire danni alla salute ma soffrire comunque di un concreto e tangibile peggioramento della qualità della propria vita a causa dell’illecito subito. In questi casi parte della giurisprudenza è d’accordo nel voler tutelare con un risarcimento la persona. Questo ha ripercussioni sulla quantificazione del danno esistenziale.
Riguardo al risarcimento danno esistenziale Cassazione, nella sentenza n.7513 del 2018, ha ribadito che il danno non patrimoniale, anche se non conseguente ad una lesione alla salute, va comunque risarcito quando lede altri interessi e valori protetti dalla Costituzione, senza automatismi e solo a seguito di attenta ed approfondita istruttoria.
Lo sviluppo della normativa sul riconoscimento del danno
Data la soggettività di questo tipo di pregiudizio, non esiste una normativa unica. La giurisprudenza si è divisa nel riconoscere o meno il risarcimento di questa tipologia di pregiudizio.
La sentenza 26972 del 2008 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ha tentato di fare chiarezza sul problema del danno esistenziale.
Secondo la Cassazione danno esistenziale è indicato come parte del danno non patrimoniale. Riporta che “il danno non patrimoniale è categoria generale non suscettiva di suddivisione in sottocategorie. In particolare, non può farsi riferimento ad una generica sottocategoria del danno esistenziale, perché attraverso questa si finisce per portare anche il danno non patrimoniale nell’atipicità, sia pure attraverso l’individuazione della apparente tipica figura categoriale del danno esistenziale, in cui tuttavia confluiscono fattispecie non necessariamente previste dalla norma ai fini della risarcibilità, mentre tale situazione non è voluta dal legislatore ordinario né è necessitata dall’interpretazione costituzionale dell’art. 2059 c.c., che rimane soddisfatta dalla tutela risarcitoria di specifici valori della persona presidiati da diritti inviolabili secondo Costituzione“.
Riprende questa sentenza ed esclude l’autonomia risarcitoria di questo tipo di pregiudizio anche la sentenza della Cassazione n.336 del 13 gennaio 2016.
“Non è ammissibile nel nostro ordinamento l’autonoma categoria del pregiudizio esistenziale inteso quale pregiudizio alle attività non remunerative della persona, atteso che:
-ove in essa si ricomprendano i pregiudizi scaturenti dalla lesione di interessi della persona di rango costituzionale, ovvero derivanti da fatti-reato, essi sono già risarcibili ai sensi dell’art. 2059 c.c., interpretato in modo conforme a Costituzione, con la conseguenza che la liquidazione di una ulteriore posta di danno comporterebbe una duplicazione risarcitoria;
-ove nel pregiudizio esistenziale si intendesse includere pregiudizi non lesivi di diritti inviolabili della persona, tale categoria sarebbe del tutto illegittima, posto che simili pregiudizi sono irrisarcibili, in virtù del divieto di cui all’art. 2059 c.c.“.
Sentenze a favore dell’autonomia del danno esistenziale
Contrariamente a quanto stabilito sinora, un’altra sentenza riconosce l’autonomia concettuale e risarcitoria del danno morale e danno esistenziale (Cassazione, sentenza n.7766 del 20 aprile 2016).
La medesima opinione è ribadita anche da Cass. n.10414/2016, che ribadisce la liquidazione danno esistenziale:
“Il danno biologico (cioè la lesione della salute), quello morale (cioè la sofferenza interiore) e quello dinamico-relazionale (altrimenti definibile esistenziale, e consistente nel peggioramento delle condizioni di vita quotidiane, risarcibile nel caso in cui l’illecito abbia violato diritti fondamentali della persona) costituiscono pregiudizi non patrimoniali ontologicamente diversi e tutti risarcibili; né tale conclusione contrasta col principio di unitarietà del danno non patrimoniale, sancito dalla sentenza n.26972 del 2008 delle Sezioni Unite della Corte di cassazione, giacché quel principio impone una liquidazione unitaria del danno, ma non una considerazione atomistica dei suoi effetti“.
L’importanza di tutelare i diritti delle vittime
Osservatorio Vittime del Dovere, insieme al presidente Avv. Ezio Bonanni, tutela i diritti di tutte le vittime.
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