Uranio impoverito e guerra in Bosnia Erzegovina

La Guerra in Bosnia ed Erzegovina, insieme alle altre conflittualità nei Balcani, è tristemente associata alla Sindrome dei Balcani: un elenco prolungato di patologie che hanno colpito sia i militari impiegati nelle missioni nell’ex Jugoslavia che la popolazione civile.

Fu proprio su questo scenario bellico che l’Uranio Impoverito fu utilizzato per la prima volta nella storia delle guerre.

Questa sostanza provoca l’inalazione e l’assorbimento di nanoparticelle di metalli pesanti generate dalla combustione ad altissima temperatura di bersagli metallici colpiti dai proiettili contenenti uranio impoverito.

In questa guida esploreremo gli eventi legati alla Guerra in Bosnia e approfondiremo la questione della tutela legale del personale delle Forze Armate italiane impegnato nelle missioni di pace.

Numerosi militari italiani, che hanno contratto malattie correlate a tali esposizioni nocive durante l’esercizio delle proprie mansioni, hanno già ottenuto lo status di vittime del dovere, connesso a una serie di vantaggi che esamineremo dettagliatamente successivamente.

Il Dipartimento Vittime del Dovere dell’ONA, guidato dal Presidente Avvocato Ezio Bonanni, è fortemente impegnato nell’assistenza legale di numerosi militari dell’Esercito e della Marina Militare Italiana che hanno contratto malattie derivanti dall’utilizzo di uranio impoverito e dalla conseguente esposizione a metalli pesanti.

Gli effetti nocivi del metallo sono stati spesso amplificati da una procedura vaccinale errata. In alcuni casi, le cause legali sono ancora in corso.

Tuttavia, l’impegno non si limita alla tutela legale, ma si estende anche all’informazione e alla sensibilizzazione tramite convegni e articoli su questo preoccupante argomento che coinvolge l’interesse dello Stato.

Indice dei contenuti
Tempo di lettura stimato: 20 minuti

Guerra in Bosnia: i fatti salienti del conflitto

La Guerra in Bosnia ed Erzegovina, svoltasi dal 1º marzo 1992 al 14 dicembre 1995, è stata un conflitto internazionale caratterizzato dall’opposizione dell’esercito bosniaco all’esercito della Repubblica di Croazia e alla Repubblica di Serbia.

L’obiettivo dichiarato della Croazia era l’annessione di specifici territori bosniaci, e la Serbia partecipò attivamente con simili ambizioni territoriali.

Questo conflitto si inquadra nelle guerre Jugoslave che si svolsero dal 1996 al 1999, causando la dissoluzione della Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia, precedentemente unita sotto il governo socialista di Tito.

Le tensioni nazionalistiche, accentuate da antichi rancori territoriali, etnici e religiosi, emersero dopo la morte di Tito e portarono alla separazione delle repubbliche jugoslave.

La Slovenia fu la prima a cercare l’indipendenza, seguita da una serie di conflitti separati, inclusi i combattimenti in Bosnia ed Erzegovina.

Le armi usate nella guerra in Bosnia: uranio impoverito

Durante la Guerra in Bosnia ed Erzegovina, le forze della NATO impiegarono armamenti avanzati, come i missili “Cruise” e “Tomahawk”, insieme agli aerei Fairchild A-10 “Warthog”.

Un aspetto rilevante è l’uso diffuso di munizioni contenenti uranio impoverito, che generò notevoli quantità di aerosol di Uranio Impoverito (UI), conosciuto per le sue proprietà genotossiche.

Studi scientifici internazionali riconoscono che l’esposizione a uranio, metalli pesanti e nanoparticelle di origine bellica può aumentare il rischio di patologie tumorali e malformazioni genetiche, anche a livelli relativamente bassi di esposizione.

Cos’è l’uranio impoverito e dove si trova

L’Uranio Impoverito (UI) è un sottoprodotto del processo di arricchimento dell’Uranio, caratterizzato dalla riduzione del livello di Uranio-235 (U235) al due terzi rispetto alla sua composizione naturale.

Grazie alla sua elevata densità, l’UI è noto per la sua efficacia nella penetrazione delle corazzature. Tuttavia, le sue proprietà chimiche e metalliche, simili all’Uranio naturale, comportano rischi significativi in termini di tossicità chimica e radiologica.

L’UI è regolamentato dalla Nuclear Regulatory Commission degli Stati Uniti, richiedendo autorizzazioni specifiche per l’uso e il trasporto. L’autorizzazione generale limita l’uso a 15 libbre (circa 6,8 kg) per volta, con un massimo di 150 libbre all’anno (circa 68 kg), mentre richiede dettagliata documentazione per approvazioni specifiche, inclusi dettagli sull’attrezzatura, norme di sicurezza e formazione del personale.

Approfondisci su “Alcune Tesi e Fatti sull’Uranio Impoverito (DU), sul suo Uso nei Balcani, sulle Conseguenze sulla Salute di Militari e Popolazione” del Comitato scienziate e scienziati contro la Guerra.

L’uso dell’uranio impoverito in Bosnia nel dettaglio

Durante la Guerra in Bosnia, l’uso di proiettili contenenti uranio impoverito ha generato nanoparticelle di metalli pesanti, come il piombo, dimostrato cancerogeno dallo IARC (volume 77 del 2006).

L’inalazione di queste particelle può portare al deposito nei polmoni e in altri organi, aumentando il rischio di vari tipi di cancro.

Nei Paesi esposti all’uranio impoverito, sono stati riscontrati casi di malattie ematopoietiche e gastrointestinali, noti come la “Sindrome dei Balcani”.

Tra i militari italiani coinvolte nelle missioni di peacekeeping nei Balcani, più di 7.500 sono stati colpiti dall’epidemia, con circa 400 decessi.

Le patologie riscontrate includono danni renali, cancro ai polmoni, tumore alle ossa, carcinoma all’esofago, problemi alla pelle, disturbi neurocognitivi, anomalie cromosomiche, sindromi da immunodeficienza, malattie renali e intestinali, malformazioni genetiche ai nascituri, linfomi di Hodgkin e leucemie.

I danni alla salute dell’esposizione ad armi ad uranio impoverito nel dettaglio

Di seguito parliamo dei danni alla salute provocati dall’utilizzo di armi all’uranio impoverito. In caso di contaminazione interna da uranio, i composti solubili come gli uranili (UVI) possono arrecare danni chimici ai tubuli convoluti prossimali dei reni, manifestandosi attraverso sintomi quali ematuria, albuminuria, formazione di masse ialine e granulari nelle cavità renali, azotemia e necrosi tubulare.

I composti meno solubili, come gli uranosi (UIV), tendono a essere trattenuti principalmente nei polmoni se inalati o ad accumularsi nelle ossa durante la fase di mineralizzazione.

Questi composti possono inibire il metabolismo dei carboidrati, causando un blocco nel trasferimento dei fosfati al glucosio e l’inibizione della prima fase dell’utilizzo metabolico degli zuccheri tramite il complesso dell’ATP-uranil-esochinasi.

La specificità elevata degli isotopi di uranio per gli organi bersaglio, insieme alla loro lunga emivita e alla radiazione corpuscolare, può provocare danni chimici e radiologici agli organi come l’albero bronchioalveolare, i reni e le ossa, comportando alterazioni somatiche e genetiche, aumentando così il rischio di cancro.

Il rischio legato alle radiazioni beta, fisico e chimico

Sebbene le radiazioni alfa degli isotopi di uranio nell’Uranio Impoverito (UI) non costituiscano un rischio significativo, le radiazioni beta da 2,29 MeV (234 Pa) possono avere un raggio d’azione di 0,5 cm nell’alluminio e di diversi centimetri nei tessuti umani, esponendo a raggi beta di circa 217-20,4 mR/h (come confermato nella monografia IARC).

La contaminazione con Uranio Impoverito costituisce quindi un rischio sia chimico che fisico, con l’uranio che può entrare nell’organismo attraverso la pelle, l’ingestione o l’inalazione, nonché attraverso ferite o ustioni.

L’ossido di uranio trattenuto nei polmoni può generare lesioni tumorali, come il carcinoma epidermoide.

Il caso di Cabigiosu Sergio in Bosnia Erzegovina

Cabigiosu Sergio, Vice Comandante di Plotone nel 5° Reggimento Alpini, ha prestato servizio in missione estera nell’Operazione “JOINT FORGE” a Sarajevo, Bosnia, dal 12 febbraio 2001 al 3 luglio 2001.

Collocato in congedo per fine ferma volontaria nel maggio 2001, è stato successivamente diagnosticato nel gennaio 2017 con leucemia mieloide cronica, ritenuta connessa all’esposizione a nanoparticelle di metalli pesanti e composti rilasciati dai proiettili all’uranio impoverito durante la Guerra in Bosnia.

Il rischio di sviluppare la malattia è associato inoltre alle procedure vaccinali errate a cui è stato sottoposto. Esse fiaccano infatti ulteriormente il sistema immunitario.

Il caso di Carlo Calcagni in Bosnia Erzegovina

vittime del dovere-causa di servizio

Il Colonnello Carlo Calcagni, elicotterista nei Balcani durante la Guerra in Bosnia Erzegovina, è stato contaminato da Uranio Impoverito e 28 metalli pesanti.

Affetto da 24 patologie, inclusa la sindrome da Sensibilità Chimica Multipla, ha subito oltre 300 punti di sutura e quotidiane terapie, tra cui dialisi e l’assunzione di circa 300 medicinali al giorno.

Il Colonnello Calcagni ha partecipato al convegno dell’ONA “Guerra e pace: vittime del dovere“, promuovendo la consapevolezza sulle vittime del dovere e sull’esposizione a Uranio Impoverito e nanoparticelle di metalli pesanti.

Ha sottolineato le difficoltà nel riconoscimento dello status di vittima del dovere da parte delle amministrazioni. Ha citato il caso di Di Vico, esposto ad amianto, uranio impoverito e nanoparticelle di metalli pesanti in Kosovo e Albania, la cui causa di servizio è stata negata fino alla sua morte. Solo dopo il decesso è stato riconosciuto come vittima del dovere, ottenendo risarcimento iure hereditas e iure proprio per un totale di 600.000 euro, grazie all’intervento dell’Avvocato Ezio Bonanni.

Requisiti per il riconoscimento delle vittime del dovere

Il termine “vittime del dovere” si riferisce a coloro che hanno prestato servizio in attività specifiche, come dettagliato nell’articolo 1, comma 563, della Legge 266/2005. Nel corso del tempo, questa protezione si è estesa a coloro che hanno partecipato a missioni e hanno eseguito compiti in condizioni ambientali ed operative particolari.

Il diritto al riconoscimento dello status di vittima del dovere sorge in caso di malattia e/o morte nei seguenti contesti:

  1. Nel contrasto a qualsiasi forma di criminalità.
  2. Nell’adempimento di servizi di ordine pubblico.
  3. Nella sorveglianza di infrastrutture civili e militari.
  4. In operazioni di soccorso.
  5. Nelle attività di tutela della pubblica incolumità.
  6. A causa di azioni in contesti di impiego internazionale che non necessariamente implicano ostilità.

Quando lesioni si verificano durante il servizio in condizioni di rischio al di fuori della norma, si ha diritto a una completa equiparazione come vittima del dovere. Queste condizioni straordinarie (come l’esposizione all’amianto o a radiazioni ionizzanti) sono definite nell’articolo 1, comma 564, Legge 266/2005 e nell’articolo 1 del D.P.R. 243/2006.

Benefici per le vittime del dovere della guerra in Bosnia

La legislazione prevede diversi benefici per le vittime del dovere, tra cui:

  1. Un’erogazione speciale di 200.000 euro, oltre all’aggiornamento monetario, in caso di inidoneità al servizio o invalidità non inferiore all’80%.
  2. Un assegno mensile di 500 euro per lesioni invalidanti pari al 25%.
  3. Un assegno speciale di 1.033,00 euro mensili per lesioni invalidanti pari al 25%.
  4. Due annualità di pensione per i beneficiari della reversibilità.
  5. Esenzione dall’imposta sul reddito delle pensioni.
  6. Assunzione tramite chiamata diretta con priorità assoluta rispetto ad ogni altra categoria.
  7. Esenzione dal pagamento del ticket sanitario.
  8. Accesso alle borse di studio.
  9. Assistenza psicologica.

Lo status di vittima del dovere è imprescrittibile secondo l’articolo 2934 del Codice Civile, in conformità agli articoli 2 e 38 della Costituzione, garantendo la tutela anche a distanza di più di 10 anni dall’evento lesivo.

La totale equiparazione alle vittime del terrorismo

Dopo il decesso di una vittima del dovere, tutte le prestazioni spettanti vengono erogate agli eredi legittimi, ad eccezione degli orfani non a carico fiscale.

L’equiparazione totale alle vittime del terrorismo, come stabilito dalla Sentenza n. 22753 del 2018 della Suprema Corte di Cassazione, riguarda le prestazioni a favore della vittima. Tuttavia, questa equiparazione non si estende agli orfani che non sono a carico fiscale.

L’impegno dell’Avvocato Ezio Bonanni ha portato a importanti risultati per la tutela degli orfani non a carico fiscale, nonostante alcune controversie legali. La discriminazione nei confronti di questi orfani è stata evidenziata come inaccettabile, ma la Corte di Cassazione ha accolto le richieste dell’Avvocatura dello Stato, con alcune eccezioni per gli orfani non a carico in determinate circostanze.

Risarcimento dei danni per le vittime del dovere

Le persone riconosciute come vittime del dovere e i loro eredi legittimi hanno diritto a un completo risarcimento per i danni subiti. Questo include il risarcimento per danni patrimoniali, come danno emergente e lucro cessante, e danni non patrimoniali, quali quelli morali, biologici ed esistenziali.

Gli eredi legittimi hanno diritto anche al risarcimento dei danni subiti iure proprio oltre a quelli iure hereditas. Questo comprende il risarcimento del danno parentale per coloro che dimostrano un legame affettivo con la vittima, il cui decesso comporta un significativo cambiamento nella propria esistenza.

Ci sono diverse vie attraverso le quali è possibile ottenere un risarcimento per i danni. Tra cui costituirsi parte civile nel processo penale, esercitare l’azione civile presso il TAR per violazione dell’obbligo di sicurezza o intraprendere un’azione civile presso il Tribunale di Roma per responsabilità extracontrattuale e civile da reato.

Quantificazione e risarcimento dei Danni Non Patrimoniali

Le prestazioni, sia previdenziali che risarcitorie, sono calcolate in base al grado di invalidità. Gli assegni vitalizi, sia mensili che speciali, vengono erogati solo a coloro con un grado di invalidità non inferiore al 25%. Il criterio per la quantificazione è stabilito dal dPR 181 del 2009, e non dall’art. 5 del d.P.R. n. 243/2006, con riferimento agli articoli 5 e 6 della legge n. 206/2004.

Questa tutela è significativa poiché il legislatore ha incluso il danno morale nell’invalidità rilevante, comportando una rivalutazione retroattiva delle prestazioni su richiesta dell’interessato.

Causa di Servizio nella Guerra in Bosnia

I militari impiegati nella Guerra in Bosnia che contraggono malattie devono ottenere lo status di vittime del dovere. Il riconoscimento della causa di servizio è fondamentale e richiede un nesso causale tra la malattia e la missione svolta, supportato da referti medici che attestano l’esposizione a sostanze nocive.

In caso di infermità dovute all’esposizione a polveri sottili derivanti dall’uranio impoverito, l’evento stesso costituisce un motivo sufficiente per il diritto al risarcimento. Questo a meno che la Pubblica Amministrazione dimostri il contrario.

Questa rilevanza della causa di servizio è regolamentata dall’art. 6 del DPR 243/2006 e ha applicazione in condizioni ambientali ed operative straordinarie, come definite dalla legge 266/2005 e dal d.p.r. 243/2006.

Missione in Bosnia in particolari condizioni ambientali

L’art. 1 del d.P.R. 7 luglio 2006, n. 243 definisce le missioni come attività di qualunque natura, anche ordinarie funzioni e mansioni, “quali che ne siano gli scopi, autorizzate dall’Autorità gerarchicamente o funzionalmente sopraordinata al dipendente”.

La stessa sentenza già citata afferma che: “per particolari condizioni ambientali od operative“, si intendono “le condizioni comunque implicanti l’esistenza o anche il sopravvenire di circostanze straordinarie e fatti di servizio che hanno esposto il dipendente a maggiori rischi e fatiche in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti d’istituto”.

Sulla base di SS.UU. 15055/2017, le “particolari condizioni ambientali e operative” sono legate anche a “grave errore organizzativo“, che è individuabile nella “imprudente organizzazione del servizio da parte dell’organizzazione“, che ha aggravato il rischio (così Tribunale di Palermo, sezione lavoro, sentenza n. 2420/2020, pubblicata il 03.09.2020, a definizione del proc. n. 7696/2015 RG). Quindi per missione in condizione di rischio si intendono tutte le attività che hanno comportato una violazione di regole cautelari.

Carattere “straordinario” della prestazione del servizio

I militari che hanno contratto infermità a causa dell’esposizione operarono senza dispositivi personali di protezione. Svolsero le loro mansioni in aree, luoghi, situazioni sprovvisti/e di appropriati specifici e dedicati “sistemi di sicurezza”.

Inoltre è richiesto un quid pluris di disagio sofferto nel corso dell’espletamento del servizio: tale disagio consegue al carattere “straordinario” della prestazione del servizio, da cui sia conseguita la sottoposizione dell’istante “a maggiori rischi o fatiche, in rapporto alle ordinarie condizioni di svolgimento dei compiti di istituto”.

Va sottolineato che l’appartenenza alle Forze Armate, oltre a comportare di per sé condizioni di vita strutturalmente più gravose rispetto all’impiego civile (a mero titolo di esempio, sottoposizione a rigido vincolo gerarchico, continuo addestramento fisico, pronta reperibilità, frequenti trasferimenti, et similia), impone al militare di esporsi al pericolo: dunque la “straordinarietà” richiesta dall’art. 1079 D.P.R. n. 90 del 2010.

Accertamento e presunzione a carico dell’Amministrazione

Il complesso normativo di riferimento è quello di cui all’art. 1078 del DPR 90/2010, in combinato disposto con l’art. 603 del D.L.vo 66/2010, e con l’ambito di applicazione quello di cui all’art. 1079 dello stesso DPR 90/2010.

Il Piombo, il Cromo, il Mercurio, il Rame e lo Zinco sono tra i metalli pesanti individuati ex art. 1078 (Capo II – Soggetti che hanno contratto infermità o patologie tumorali per particolari condizioni ambientali ed operative) del D.P.R. 15 marzo 2010 n.90 quali responsabili, se introdotti nell’organismo umano in dimensioni nanometriche, dell’insorgenza di patologie tumorali; al pari delle radiazioni ionizzanti e non ionizzanti.

Il DPR 90/2010 all’art. 1078  definisce il trattamento previdenziale per le invalidità di servizio ai soggetti esposti a particolari fattori di rischio. Che hanno contratto infermità o patologie tumorali per particolari condizioni ambientali od operative, per cui rilevano le missioni e allo stesso tempo il teatro operativo all’estero, e le particolari condizioni, già di per sé e per effetto di tale impiego.

Il diritto delle vittime alla pensione privilegiata

Il successivo art. 1079 prevede che ai soggetti siano corrisposte le elargizioni previste per le vittime del dovere.

In ambito previdenziale e più specificamente nella pensionistica privilegiata, vige il concetto della interdipendenza. Per consolidata dottrina medico-legale e giurisprudenziale, l’espressione interdipendenza delinea un rapporto di causalità, giuridicamente rilevante.

Esso consente di correlare un’invalidità, già indennizzata, ad ogni altra menomazione dell’integrità anatomo-funzionale, diffusione o complicazione, nosograficamente nuova e diversa, interessante lo stesso organo o apparati o organi ed apparati cofunzionali, tanto che il danno anatomo-funzionale deve essere valutato nel suo complesso, per cui similare ragionamento in termini di rapporto causale e di interdipendenza deve applicarsi nella ricostruzione dell’evento.

Per cui «Il fatto che, allo stato delle conoscenze scientifiche, non sia acclarata l’effettiva valenza patogenetica dell’esposizione all’uranio impoverito non osta, dunque, al diritto alla percezione dell’indennità, che comunque spetta allorché l’istante abbia contratto un’infermità verosimilmente a causa di “particolari condizioni ambientali ed operative”, di cui “l’esposizione e l’utilizzo di proiettili all’uranio impoverito e la dispersione nell’ambiente di nanoparticelle di minerali pesanti prodotte da esplosione di materiale bellico” costituiscono solo un possibile aspetto» (Consiglio di Stato, II sezione, n. 5816/2021).

Il problema del nesso causale e l’onere della prova

Per quanto riguarda lo status di vittima del dovere vale il principio dell’inversione dell’onere della prova in relazione all’esposizione ad uranio impoverito, oltre che all’amianto. In questo caso sono rilevanti tutte le esposizioni, anche quelle indirette e per contaminazione del lungo servizio, in patria e nelle missioni all’estero. Infatti i benefici per le vittime del dovere non si basano sul profilo dell’esposizione all’uranio impoverito o nano particelle. Ma sulla sottoposizione a “gravose condizioni ambientali e operative” e della conseguente contrazione di infermità in una platea di soggetti definiti dalla legge a:

  • personale militare e civile italiano impiegato in “missioni di qualunque natura”, sia in patria sia all’estero;
  • personale militare e civile italiano impiegato presso “i poligoni di tiro ed i siti in cui vengono stoccati munizionamenti”;
  • al personale militare e civile italiano impiegato “nei teatri operativi all’estero” (evidentemente anche al di fuori di una specifica “missione” condotta dalla Forza Armata o dall’Amministrazione di appartenenza) ed al personale militare e civile italiano impiegato nelle aree specificate;
  • “cittadini italiani” “operanti nei settori della cooperazione ovvero impiegati da organizzazioni non governative nell’ambito di programmi aventi luogo nei teatri operativi all’estero”;
  • “cittadini italiani residenti” “nelle zone adiacenti alle basi militari sul territorio nazionale presso le quali è conservato munizionamento pesante o esplosivo e alle aree specificate”.

In caso di decesso dell’interessato, del beneficio fruiscono “il coniuge, il convivente e i figli superstiti dei soggetti, i genitori ovvero i fratelli conviventi e a carico qualora siano gli unici superstiti”.

La prova del nesso causale: come funziona?

Molto spesso, in particolare con riferimento alle patologie più gravi, esitate nel decesso del militare che ne era affetto, il C.V.C.S. si è espresso in termini negativi per l’asserita mancanza di certezza assoluta, sul piano scientifico, in ordine al nesso di causalità.

Senza alcuna valutazione del criterio probabilistico-statistico che, per costante insegnamento dei giudici di legittimità, deve essere applicato in questi casi, anche con riguardo alla causa di servizio (Cassazione civile, sez. un., 17/06/2004, n. 11353, e, da ultimo, Cassazione civile, sez. lav., 02/01/2018, n. 12).

Ma il T.A.R. Genova, (Liguria), sez. I, 29/09/2016, n. 956 afferma che in tema di accertamenti in ordine alla dipendenza da causa di servizio, l’impossibilità di stabilire, sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, un nesso diretto di causa-effetto tra l’impiego nei contesti fortemente inquinati dei teatri operativi e la patologia neoplastica, comporta che non debba essere richiesta la dimostrazione dell’esistenza del nesso causale con un grado di certezza assoluta, essendo invece sufficiente la dimostrazione in termini probabilistico-statistici, come indicato nella relazione della Commissione parlamentare di inchiesta nominata in materia.

Guerra in Bosnia e il criterio di probabilità

In tale ottica, il verificarsi dell’evento costituisce ex se un dato sufficiente, secondo il cosiddetto “criterio di probabilità“, a far sì che le vittime delle patologie abbiano diritto ai benefici previsti dalla legislazione vigente. Questo ogni qual volta, accertata l’esposizione del militare all’inquinante in parola, l’amministrazione non riesca a dimostrare che essa non abbia determinato l’insorgenza della patologia e che questa dipenda, invece, da fattori esogeni dotati di autonoma ed esclusiva portata eziologica.

“In concordanza con il «criterio di probabilità» proposto e fatto proprio dalla Commissione Parlamentare d’Inchiesta istituita con Delibera del Senato dell’11 ottobre 2006, le malattie emolinfopoietiche appaiono essere compatibili con l’esposizione del personale militare inviato nei Balcani agli inquinanti chimici e radiologici presenti nell’ambiente, già teatro di guerra; inquinanti che avrebbero agevolmente generato, attraverso radiazioni assorbite con contaminazione interna, la comparsa di tali morbilità. Il mancato utilizzo di nessuna protezione e nessuna particolare precauzione va a confermare tale ipotesi. Tanto più che si usufruiva e veniva comunemente utilizzata l’acqua del posto per la pulizia della persona e del vestiario, delle cose, delle infrastrutture ed immobili, e per la preparazione del cibo” (coerente con Consiglio di Stato, sentenza n. 5816/2021), ribadito dalla relazione finale della Commissione Parlamentare d’Inchiesta della Camera dei Deputati del 07.02.2018, da cui non si può prescindere.

Guerra in Bosnia e Kosovo: Commissione d’Inchiesta

Nei lavori della Commissione Parlamentare d’Inchiesta, e in particolare nell’audizione del 06.12.2017, l’Avv. Ezio Bonanni ha depositato agli atti della Commissione, Consiglio di Stato 837/2016, che afferma il principio dell’onere della prova di escludere il nesso causale, a carico dell’amministrazione, riferito all’esposizione a radiazioni e nanoparticelle dovuto all’uso di proiettili all’uranio impoverito e alla pratica vaccinale.

La Relazione finale della Commissione Parlamentare d’Inchiesta della Camera dei Deputati ha confermato la condizione di rischio per i nostri militari dell’Esercito. In particolare per quelli inviati in missione in Kosovo e nella Guerra in Bosnia. Tutto è confermato dall’Avv. Bonanni nell’audizione presso la Commissione Uranio Impoverito.

ONA e la tutela legale dei militari della Guerra in Bosnia

L’Osservatorio Nazionale Amianto, di cui l’Avvocato Ezio Bonnani è presidente, ha istituito il Dipartimento Vittime del Dovere e il Dipartimento di tutela delle vittime dell’uranio impoverito e dei vaccini contaminati. Il coordinatore di questo nuovo dipartimento dell’ONA è Lorenzo Motta.

L’Avv. Ezio Bonanni, durante l’audizione del 06.12.2017, come già detto, è stato ascoltato dalla Commissione Parlamentare d’Inchiesta. Le risultanze della relazione sono decisive per la tutela dei diritti dei militari.

L’ONA continua il suo sforzo perché non esistano più vittime del dovere. Offre assistenza legale a tutti i militari che abbiano contratto un’infermità temporanea o permanente nell’esercizio della loro professione, comprese le esercitazioni.

Il risarcimento danni e i benefici maturati in vita dalla vittima spettano ai familiari in caso di decesso.

Per chiedere una consulenza gratuita si può chiamare il numero verde 800.034.294 o compilare il form.

Servizi di assistenza e consulenza

Ambiente e salute
Ambiente e salute