Guerra in Libano e uranio impoverito
In questa guida trattiamo un tema di fondamentale importanza per i militari italiani coinvolti nelle missioni di pace ed esposti all’uranio impoverito. Durante e guerre del Libano sono stati usati armamenti contenenti uranio impoverito che hanno causato un’epidemia di patologie correlate tra i militari italiani, di altre nazionalità e tra i civili.
I militari che hanno riportato malattie hanno diritto al risarcimento dei danni, al riconoscimento della causa di servizio e allo status di vittime del dovere.
L’ONA – Osservatorio Nazionale Amianto e l’Osservatorio Vittime del Dovere forniscono l’assistenza legale gratuita ai militari e a tutti gli esposti a patogeni sul posto di lavoro.
L’Avvocato Ezio Bonanni, che preside l’ONA, insieme al suo team di avvocati professionisti, ha seguito numerosi casi di militari italiani che hanno subito pesanti danni in seguito alle esposizioni. Non informati del rischio e sottoposti nel frattempo a errate procedure vaccinali che hanno ulteriormente fiaccato il loro sistema immunitario.
In questa guida approfondiamo il tema dei danni e della pericolosità dell’uranio impoverito. Scopriamo come e dove è stato usato nelel guerre in Libano e i fatti salienti. Vediamo quali sono i diritti delle vittime e i benefici e le elargizioni connesse.
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La guerra in Libano in breve: fatti salienti
La Prima Guerra del Libano ebbe inizio nel 1982 in un contesto già afflitto dalla guerra civile del 1975. Nel 1982, le Forze di Difesa Israeliane invasero il Sud del Libano, tentativo preceduto dall’Operazione Litani nel 1978, volta a creare una zona cuscinetto.
Dopo l’occupazione del Libano meridionale, l’OLP e le forze siriane della FAD negoziarono il ritiro dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina sotto la protezione di organizzazioni internazionali neutrali. Nel 1985, le truppe israeliane si ritirarono dal Libano.
La Seconda Guerra del Libano iniziò nel 2006, durando 34 giorni. L’esercito israeliano attaccò il Libano dopo la cattura di due suoi soldati da parte di Hezbollah. Il conflitto si concluse con un cessate il fuoco mediato dalle Nazioni Unite e la rimozione del blocco navale israeliano.
La Risoluzione 1701 dell’ONU richiese il disarmo di Hezbollah e il ritiro delle truppe israeliane dal Libano, con la presenza di soldati libanesi e dell’UNIFIL nel sud del paese.
UNIFIL: La Forza di Interposizione in Libano delle Nazioni Unite
L’UNIFIL, creata nel 1978, è una forza di interposizione dell’ONU, rinnovata nel mandato dopo eventi come l’invasione israeliana del 1982 e il ritiro israeliano del 2000. Il suo mandato è rinnovato annualmente dal Consiglio di Sicurezza e finanziato dall’Assemblea Generale, con l’ultimo scaduto nel 2019.
ITALAIR, unità di volo interforze italiana, è schierata dall’Italia all’estero. Il suo contributo in Libano iniziò nel 1979 e continuò con la Task Force ITALAIR dal 2006, effettuando oltre 53.000 ore di volo e numerose missioni di evacuazione.
Esposizioni dannose dei militari di ITALAIR
ITALAIR e le truppe italiane in Libano hanno iniziato il loro impegno nella missione UNIFIL il 3 luglio 1979, quando lo squadrone di elicotteri ITALAIR fu dispiegato a Naqoura. A partire dal 2006, lo squadrone è stato riorganizzato e denominato “Task Force ITALAIR”. Nel corso degli anni, sono state compiute oltre 53.000 ore di volo, con più di 1.300 missioni di evacuazione sanitaria e il trasporto di 182.000 passeggeri e oltre 4 tonnellate di materiali.
I militari italiani appartenenti a ITALAIR sono stati esposti all’inquinamento ambientale derivante dal conflitto, con conseguente esposizione a sostanze nocive e cancerogene.
In molti casi, ciò ha portato a malattie o alla paura di ammalarsi. Tuttavia, i militari non sono stati adeguatamente informati e forniti dei necessari dispositivi di protezione individuale.
Inquinamento ambientale e sostanze tossiche post-conflitto
L’impatto ambientale post-conflitto in Libano è evidente nell’inquinamento atmosferico causato dagli incendi dei serbatoi di carburante. A Jiyeh, il fumo tossico si diffuse per 27 giorni, causando gravi problemi ambientali.
Il report completo della UNEP (Post-conflict enivornmental assessment in Libano) sottolinea l’alto livello di polveri sottili e il rischio di contaminazione delle risorse idriche a causa delle distruzioni delle fonti di distribuzione. Include anche i risultati sulle tracce di metalli pesanti nei luoghi bombardati.
Guerra in Libano e utilizzo dell’uranio impoverito
L’utilizzo di uranio impoverito nella guerra in Libano è stato oggetto di analisi da parte delle Nazioni Unite.
Il rapporto dell’ONU ha affermato che non ci sono prove concrete dell’effettivo impiego di armi contenenti uranio impoverito nel sud del Libano. Tuttavia, tracce di uranio sono state rilevate in diversi campioni di urina prelevati dalla popolazione delle zone bombardate, compresi i militari italiani operativi nella regione.
Uranio impoverito in Libano e il caso di Alfredo Cesini
A questo proposito nelle urine dell’elicotterista Alfredo Cesini sono emerse concentrazioni preoccupanti non solo di uranio impoverito, ma anche di altre sostanze quali alluminio (Al), arsenico (As), cadmio (Cd), cesio (Cs), cromo (Cr), ferro (Fe), manganese (Mn), mercurio (Hg), nichel (Ni), palladio (Pd), piombo (Pb), rame (Cu), stagno (Sn), stronzio (Sr), tallio (Tl), titanio (Ti), vanadio (V), zinco (Zn) e zirconio (Zr).
Cesini, Primo Maresciallo Pilota Osservatore di Elicottero, fu inviato in missione all’estero presso ITALAIR “UNIFIL” dal 9 febbraio 1996 al 16 febbraio 1997.
Durante il suo periodo in Libano del Sud, fu esposto a concentrazioni elevate di sostanze cancerogene, tossiche e nocive, senza essere adeguatamente informato, formato o addestrato per la prevenzione e la sicurezza individuale e collettiva contro tali rischi.
Questa esposizione, combinata con lo stress lavoro-correlato, l’alimentazione non corretta, i multipli assoggettamenti alle vaccinazioni, ha portato all’insorgenza di una malattia devastante e all’invalidità conseguente.
La conduzione di velivoli ad ala rotante, infatti, sia mono che bielica, ha comportato lo spostamento, il sollevamento e la ricaduta di enormi masse di aria, polveri e particolati, esponendo Cesini a centinaia di ore di esposizione a nanopolveri e particolati di varie dimensioni, specialmente in zone già colpite da azioni belliche e bombardamenti, compresi quelli con munizioni all’uranio impoverito.
Uranio impoverito: cos’è e pericolosità
L’Uranio Impoverito (UI) rappresenta un sottoprodotto derivante dal processo di arricchimento dell’Uranio, durante il quale l’Uranio-235 (U235) viene depauperato di circa due terzi del suo contenuto originario di Uranio naturale.
Caratterizzato da un’elevata densità (19 g/cm3), l’UI si distingue per le sue capacità superiori nella penetrazione delle corazzature.
Le proprietà chimiche e metalliche dell’UI sono del tutto analoghe a quelle dell’Uranio naturale, comportando rischi simili in termini di tossicità chimica e radiologica. La Commissione di Regolamentazione del Nucleare degli Stati Uniti classifica l’UI come materiale utilizzabile solamente previa specifica autorizzazione generale.
Utilizzo e trasporto di Uranio Impoverito previa autorizzazione
L‘autorizzazione generale consente l’utilizzo e il trasporto di UI in quantità di 15 libbre (6,8 kg) per singola occasione, fino a un massimo di 150 libbre all’anno (68 kg). Per le autorizzazioni specifiche, è necessario fornire una documentazione dettagliata sull’uso previsto del metallo, includendo specifici riferimenti all’attrezzatura impiegata, l’adesione alle norme sanitarie e di sicurezza, e la formazione del personale coinvolto.
Approfondisci su “Alcune Tesi e Fatti sull’Uranio Impoverito (DU), sul suo Uso nei Balcani, sulle Conseguenze sulla Salute di Militari e Popolazione” del COMITATO SCIENZIATE e SCIENZIATI contro la Guerra.
I danni alla salute dell’uranio impoverito
L’Uranio Impoverito (UI) può causare gravi danni alla salute quando un proiettile colpente bunker o carro armato esplode. Rilascia infatti nell’ambiente nanoparticelle di metalli pesanti. Tra questi il piombo, classificato come possibile cancerogeno dallo IARC nel volume 77 del 2006.
In caso di inalazione dell’uranio impoverito, il metallo radioattivo si deposita nei polmoni e altri organi, incrementando il rischio di sviluppare vari tipi di cancro.
Nei Paesi soggetti a bombardamenti con uranio impoverito, si sono verificati numerosi casi di malattie del sistema ematopoietico e gastrointestinale, sia tra i militari che tra i civili, comunemente conosciuti come “Sindrome dei Balcani”.
Gli impatti sulla salute dell’Uranio Impoverito sono approfonditi nell’opera dell’Organizzazione Mondiale della Sanità intitolata “Depleted Uranium. Sources, exposures and health effects“.
In particolare, nell’epidemia registrata tra coloro che hanno partecipato alle missioni di peacekeeping nei Balcani, oltre 7.500 militari italiani sono stati colpiti, con circa 400 decessi. Le patologie che hanno maggiormente colpito gli esposti comprendono danni renali, cancro ai polmoni, tumore alle ossa, carcinoma all’esofago, problemi cutanei, disturbi neurocognitivi, anomalie cromosomiche, sindromi da immunodeficienza, rare malattie renali e intestinali, malformazioni genetiche nei nascituri, linfomi di Hodgkin e leucemie.
Uranio Impoverito: danni alla salute nel dettaglio
Nei casi di contaminazione interna, i composti solubili (uranili, UVI), provocano danni chimici a livello dei tubuli convoluti prossimali dei reni dando luogo a ematuria, albuminuria, formazione di masse ialine e granulari all’interno delle cavità, azotemia e necrosi tubulare.
I composti meno solubili (uranosi, UIV), vengono trattenuti in via primaria all’interno dei polmoni se inalati, oppure si accumulano nell’osso durante la fase di mineralizzazione. Essi inoltre inibiscono il metabolismo dei carboidrati nel complesso dell’ATP-uranil-esochinasi e, di conseguenza, nel blocco del trasferimento di fosfati al glucosio e nell’inibizione della prima fase dell’utilizzo metabolico dello zucchero.
L’elevata organo-specificità degli isotopi dell’Uranio, combinata con una lunga emivita e con la radiazione corpuscolare, determina danni chimici e radiologici agli organi bersaglio, all’albero bronchioalveolare, ai reni e alle ossa, dando luogo ad alterazioni somatiche e genetiche e dunque cancro.
Mentre le radiazioni alfa degli isotopi dell’Uranio contenuti nell’UI non rappresentano un rischio esterno significativo, le radiazioni beta da 2,29 MeV (234 Pa) hanno un raggio d’azione di 0,5 cm in alluminio e di diversi centimetri nel tessuto umano e producono pertanto un’esposizione ai raggi beta di 217 20,4 mR/h. Questo è confermato dalla Monografia 100 D dello IARC dedicata alle radiazioni.
La contaminazione dell’organismo da UI costituisce un rischio di ordine sia chimico che fisico se l’Uranio accede all’interno dell’organismo per via cutanea, orale o polmonare oppure attraverso ferite o ustioni. L’Ossido di Uranio trattenuto nei polmoni può causare lesioni neoplastiche quali il carcinoma epidermoide.
Qui la puntata di ONA TV: Uranio impoverito, la dura battaglia dei militari italiani
Tutte le eposizioni dannose
Oltre all’amianto che lo IRAC inserisce nella “Categoria 1: Cancerogeno per l’Uomo” in tutte le sue forme (cfr. IARC, Volume 100 C del 2012: “Arsenic, Metals, Fibres, and Dusts”) i militari in missione nelle guerre in Iraq sono stati generalmente esposti a:
- fumi di scarico di motori endotermici funzionanti a gasolio e a benzine (cfr. IARC, Volume
105 del 2013: “Diesel and Gasoline Engine Axausts and Some Nitroarenes”); - campi elettromagnetici generati da apparecchiature di telecomunicazione (cfr. IARC, Volume 102 del 2013: “Non Ionizing Radiation, Part. 2: Radiofrequency Electromagnetic Fields”);
- radiazioni ionizzanti emesse da Uranio Impoverito o conseguenti al suo utilizzo; radiazioni certamente presenti in siti contaminati da eventi bellici nei Balcani, nel Golfo Persico, nel Libano (cfr. IARC, volume 100 D del 2012: “Radiation”); emesse dai vari sistemi di visione notturna, dai vari sistemi di guida, di traguardo, di puntamento e mira dei bersagli;
- metalli pesanti derivati da le esplosioni e da tutti gli eventi bellici verificatisi nei poligoni di tiro ed addestramento e soprattutto nei luoghi di “peacekeeping”;
- piombo e suoi composti organici ed inorganici;
- fumo di tabacco volontario e passivo (cfr. IARC, volume 82 del 2002: “Tobacco Smoke and Involuntary Smoking”) che svolge un’azione sinergica ocn gli altri cancerogeni;
- idrocarburi policiclici aromatici (IPA) (cfr. IARC, Volume 107 del 2015: “Polichlorinated Biphenils and Polybrominated Biphenyls”);
- idrocarburi aromatici non policiclici (cfr. IARC, Volume 92 del 2010: “Some Non-heterocyclic Policyclic Aromatic Hydrocarbons and Some Related Exposures”);
- benzene (cfr. IARC, Volume 100 F del 2012: “Chemical Agents and Related occupations”);
- fibre artificiali isolanti (fibre di vetro, di roccia, di ceramica, ecc) (cfr. IARC, Volume 81 del 2001: “Man-Made Vitreous Fibres (MMVF)”).
Chi sono le vittime del dovere: definizione e requisiti
Le vittime del dovere sono coloro che hanno prestato servizio in attività specifiche, come indicate nell’art. 1, co. 563, L. 266/2005. Successivamente, tali tutele sono state estese a coloro che hanno partecipato a missioni e attività in condizioni ambientali ed operative particolari.
In caso di infermità o decesso, si ha diritto al riconoscimento di questo status.
Tale diritto è esteso a tutte le situazioni in cui:
- si è contrastata ogni forma di criminalità;
- sono state svolte attività di ordine pubblico;
- si è fornita vigilanza a infrastrutture civili e militari;
- sono state compiute operazioni di soccorso;
- si sono svolte attività di tutela della pubblica incolumità;
- sono state compiute azioni in contesti di impiego internazionale senza necessariamente caratteristiche di ostilità.
Nel caso in cui le lesioni siano sopraggiunte durante servizi in condizioni di rischio straordinario, si ha diritto alla totale equiparazione alle vittime del dovere. Questo riguarda condizioni ambientali ed operative eccezionali, come l’esposizione ad asbesto, nanoparticelle per proiettili all’uranio impoverito o radiazioni ionizzanti.
I benefici previsti per le vittime del dovere: quali sono?
I benefici previsti per le vittime del dovere comprendono:
- un’erogazione speciale di € 200.000, con rivalutazione monetaria in caso di inidoneità al servizio o di invalidità non inferiore all’80%;
- un assegno vitalizio mensile di € 500 per lesioni invalidanti almeno al 25%;
- uno speciale assegno vitalizio mensile di € 1.033,00 per lesioni invalidanti almeno al 25%;
- due annualità di pensione per i beneficiari della reversibilità;
- esenzione dall’IRPEF sulle pensioni;
- assunzione per chiamata diretta con priorità assoluta rispetto a ogni altra categoria, estendibile ai figli o al coniuge in caso di decesso o invalidità impedente la prosecuzione dell’attività lavorativa;
- esenzione dal pagamento del ticket sanitario;
- accesso alle borse di studio;
- assistenza psicologica.
Lo status di vittima del dovere è imprescrittibile secondo l’art. 2934 c.c. in relazione agli artt. 2 e 38 della Costituzione, consentendo la tutela anche dopo più di 10 anni dall’evento lesivo.
La totale equiparazione delle vittime del dovere
L’equiparazione totale delle vittime del dovere a quelle del terrorismo è un principio consolidato (SS.UU 22753 del 2018). Tuttavia, va precisato che questa equiparazione si limita alle prestazioni destinate alle vittime stesse e non si estende agli orfani che non rientrano nel carico fiscale.
In caso di decesso, tutte le prestazioni maturate dalla vittima infatti sono erogate ai suoi eredi legittimi, comprese quelle previdenziali e risarcitorie. Gli orfani non a carico fiscale invece sono esclusi da tali benefici secondo l’interpretazione dell’art. 6, comma 1, n. 1 della L. 466/1980, che riconosce solo i figli nel carico fiscale e il coniuge come superstiti delle vittime del dovere.
Grazie all’impegno dell’Avv. Ezio Bonanni, si erano ottenuti risultati significativi per la tutela degli orfani di vittime del dovere non a carico fiscale. Pronunce importanti, come quella della Corte di Appello di Genova – sez. Lavoro n. 575/2019, avevano accolto la richiesta di orfana non a carico, riformando la sentenza di primo grado.
Tuttavia, la questione è stata nuovamente sollevata dopo la Cass. Civile Ord. Sez. 6 Num. 15224 del 2021, nonostante le SS.UU. 22753 del 2018.
Chi sono i beneficiari della totale equiparazione?
I beneficiari dell’equiparazione a vittime del dovere sono identificati dalla Legge 466/1980 e comprendono vari gruppi di professionisti e servitori dello Stato.
Il diritto è stato esteso a tutti coloro che, adempiendo a un dovere, abbiano subito infermità, inclusi i dipendenti pubblici e coloro che hanno svolto servizio per la Pubblica Amministrazione in esposizione ad amianto o altri agenti cancerogeni (Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con Sent. n. 22753/2018).
Risarcimento dei danni per i militari esposti
La quantificazione del danno non patrimoniale è basata sul grado di invalidità secondo il criterio del dPR 181 del 2009, non seguendo l’art. 5 d.P.R. n. 243/2006, con gli artt. 5 e 6 I. n. 206/2004.
Questa tutela è significativa poiché il Legislatore ha stabilito che l’invalidità rilevante deve comprendere anche il danno morale subito, permettendo una rivalutazione retroattiva delle prestazioni su istanza dell’interessato (SS.UU. 6215/2022).
Causa di servizio per i militari italiani esposti a UI
Il riconoscimento dello status di vittime del dovere per i militari impiegati nelle missioni in Libano che hanno contratto malattie è legato alla causa di servizio.
Affinché ciò avvenga, è necessario stabilire il nesso tra la malattia e la missione svolta. Tale collegamento è supportato da referti medici che evidenziano la presenza di metalli pesanti, in forma di micro e nano particelle, non spiegabili altrimenti se non attraverso l’esposizione a sostanze inquinanti presenti nell’ambiente di lavoro.
In caso di infermità dovute all’esposizione a polveri sottili da uranio impoverito, il verificarsi dell’evento è sufficiente per ottenere il risarcimento, a meno che la Pubblica Amministrazione dimostri che la patologia è causata da fattori esterni.
La causa di servizio, secondo l’art. 6 del DPR 243/2006, può essere qualsiasi evento che contribuisca ad anticipare l’insorgenza o l’aggravamento dell’infermità, anche in condizioni ambientali ed operative straordinarie.
Causa di servizio, accertamento e nesso causale
La specificità dell’accertamento della causa di servizio è regolata dall’art. 1078 del DPR 90/2010, in combinato disposto con l’art. 603 del D.L.vo 66/2010. Metalli pesanti come Piombo, Cromo, Mercurio, Rame e Zinco, se presenti in dimensioni nanometriche, possono causare infermità. L’art. 1079 prevede elargizioni per le vittime del dovere, e l’interdipendenza si applica anche alle invalidità successive.
La prova del nesso causale è soggetta all’inversione dell’onere della prova per l’esposizione all’uranio impoverito.
Tutte le esposizioni, dirette o indirette, sono rilevanti, e i benefici si basano sulla sottoposizione a gravi condizioni ambientali e operative.
Inoltre, la Commissione Parlamentare d’Inchiesta ha sottolineato la valenza del criterio probabilistico-statistico nella dimostrazione del nesso causale. Il verificarsi dell’evento è sufficiente, secondo il “criterio di probabilità“, a far sì che le vittime abbiano diritto ai benefici, a meno che l’amministrazione dimostri il contrario.
Assistenza legale gratuita alle vittime di Uranio Impoverito
L’Avvocato Ezio Bonanni offre tutela legale alle vittime militari attraverso il Dipartimento Vittime del Dovere e il Dipartimento di tutela delle vittime dell’uranio impoverito. Chimate il numero verde qui sotto o scrivete al contatto WhatsApp per ottenere una consulenza legale gratuita.