Violenza nelle carceri: aumento dei casi
La violenza nelle carceri è una problematica che negli ultimi anni sta crescendo quasi indisturbata.
Ormai, quasi dimenticata è la questione della tutela dei detenuti.
Nel 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, è avvenuta una gravissima violazione dei diritti umani, divenuta una delle pagine più buie della nostra storia.
È iniziata con una rivolta di alcuni detenuti il 5 aprile, risolta nella notte dal personale penitenziario. La soluzione? Una reale “macelleria messicana” operata proprio da coloro che dovrebbero salvaguardare la salute psicofisica dei detenuti.
Indice dei contenuti |
– Cosa è successo durante l’inizio della pandemia? – La Corte europea in conflitto con l’Italia – Il reato di tortura – Il sistema carcerario non funziona – Assistenza per le vittime di violenza Tempo di lettura: 5 min |
Una violazione che prende ulteriori aggravanti perché è stata perpetrata in situazione di limitazione della libertà personale.
La situazione era già molto ostica per via delle varie difficoltà e paure generate dall’emergenza Covid 19, ossia durante la fase iniziale della pandemia.
La sentenza di questo avvenimento mette alla luce, ancora una volta, le varie problematiche del sistema carcerario italiano.
Manca il personale e le strutture adeguate; l’aumento di detenuti sta generando un sovraffollamento pericoloso e di conseguenza viene meno la tutela dei detenuti.
Violenza nelle carceri: le rivolte durante la pandemia
L’emergenza Covid ha sconvolto ogni aspetto della vita quotidiana di ogni essere umano. Le prime settimane di marzo 2020 sono state le più dure da affrontare.
Dalle restrizioni, al confinamento prolungato, la paura del contagio che sembrava inarrestabile. Procedure che sono state applicate anche per la popolazione carceraria.
Hanno subito ulteriori restrizioni e privazioni della propria limitata libertà. Nel giro di poco tempo, questo allarme generale e senso di abbandono sfocia in continue rivolte negli istituti penitenziari italiani.
Partono continue sommosse in più di 70 carceri. Durante questi interni assedi, avvengono 9 uccisioni.
Le prime ipotesi sono di omicidio colposo e morte come conseguenza ad altro delitto. La polizia penitenziaria inizia delle perquisizioni personali con un unico scopo: “dare una lezione”.
Durante questi controlli avvengono dei soprusi non indifferenti, aggressioni e offese, tutto ripreso da alcune telecamere e successivamente pubblicate.
I video pubblicati mostrato un uso indiscriminato della violenza da parte degli agenti. I detenuti ne sono usciti con un evidente stato di shock e terrore, non comprendendo l’abuso subito.
La Corte Europea condanna la violazione dei diritti
Già nel 2013 la Corte europea aveva condannato l’Italia per le condizioni di degrado in cui vivevano i detenuti.
Per questo motivo, l’8 gennaio del 2013 la II camera della Corte europea ha stabilito la violazione dell’art. 3 della CEDU:
“Nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”
Sono stati sottoposti alla Corte ben 7 ricorsi, in cui venivano espletate le condizioni di detenzione di alcuni detenuti. Questi ultimi occupavano una cella di dimensioni estremamente ridotte, lo spazio personale era a dir poco insufficiente. Le condizioni in cui vivevano non garantivano una “normale” vita all’interno del carcere. Evidenziarono così il sovraffollamento mettendo a rischio il benessere psicofisico dei detenuti.
Violenza nelle carceri: reato di tortura
A settembre si sono concluse le indagini preliminari sui pestaggi avvenuti nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, tra i reati contestati rientra quello di tortura.
Questo reato è un ostacolo nei confronti dello svolgimento delle funzioni di tutela dell’ordine pubblico e di sicurezza.
Il reato di tortura salvaguarda il diritto fondamentale della persona, ossia la dignità umana. Un diritto che può essere in pericolo nei casi di limitazione della libertà personale.
Il caso dei pestaggi ha evidenziato la necessità dell’introduzione di tale reato nel codice penale italiano, cancellando il vuoto normativo ingiustificato.
Questo avvenimento, di ritorsione e violenza di Stato, deve essere analizzato e letto come un grave campanello di allarme per il sistema carcerario.
Già con l’introduzione del reato di tortura, con il cambio di visione della pena e della detenzione, si determinano decisivi passi per i diritti umani.
La punizione del condannato deve essere ESCLUSIVAMENTE tesa alla riabilitazione e alla rieducazione.
Violenza nelle carceri: il problema sistemico
L’errore più grande è parlare degli episodi avvenuti nelle carceri, come fatti isolati. Si tratta invece di una manifestazione di crisi profonda di tutto il sistema carcerario. Lungamente nascosto dietro l’atroce indifferenza di chi avrebbe dovuto provvedere all’ipocrisia della politica.
Un avvenimento devastante per tutti i protagonisti, dalle vittime primarie di violenza fino al DAP – Dipartimento Amministrativo Penitenziario.
L’indagine è da svolgersi a 360°, bisogna capire dove si sia interrotta la catena di comando, cosa non abbia funzionato e quali siano i motivi di tali errori.
La Polizia Penitenziaria soffre da molti anni di un sentimento di frustrazione e rabbia, a causa delle condizioni, sempre meno vivibili, di lavoro.
Vediamo ora quali sono i problemi sistemici e le varie soluzioni.
1 problema: riguarda le condizioni materiali di detenzione che attualmente sono presenti negli istituti di pena del paese.
Le strutture sono inadeguate e deplorevoli, per questo motivo, la Commissione “Zevi” propone soluzioni in campo edilizio con proposte di costruzione adeguate.
Oltre ai rimedi edilizi delle strutture, è necessario anche renderle umanamente vivibili.
2 problema: il sovraffollamento, l’eccessiva presenza di detenuti soffoca quello che concerne il tentativo di recupero.
3 problema: le risorse umane, ossia i trattamenti rieducativi dei detenuti. È veramente poco sentita l’importanza di avere dei servizi di supporto psicologico.
4 problema: profilo istituzionale, garantire a tutti il rispetto dei diritti fondamentali.
5 problema: crisi profonda della Polizia penitenziaria, l’intervento da attuare serve per una rifondazione ideale e motivazionale del corpo.
Tutela e assistenza vittime di violenza tra le sbarre
Alcuni passi sono già in atto per garantire una maggiore tutela dei diritti dei detenuti, come già menzionato, il reato di tortura.
Oltre allo strumento giuridico è necessario un reale cambio di paradigma per quanto riguarda la visione della pena e della detenzione.
Quest’ultima non deve essere più vista come punizione, bensì come un periodo di riabilitazione e di rieducazione, atto al reinserimento in società.
Una democrazia sana si valuta anche dalle condizioni di benessere psicofisico dei detenuti. Coloro che sono sotto la custodia dello Stato, soggetti ristretti, privi della libertà personale, sono lo specchio del nucleo dello Stato.
Come disse Fedor Dostoevskij:
“Il grado di civilizzazione di una società si misura dalle sue prigioni”.
L’Italia ha ancora molta strada da fare, per questo motivo l’Osservatorio Vittime del Dovere mette a disposizione il S.a.C. Sportello a Contrasto.
Uno sportello online utile per tutte quelle persone vittime di violenza che cercano aiuto e tutela per i propri diritti.