Uranio impoverito, svolta storica per la correlazione con le malattie tumorali

Svolta storica Uranio impoverito
Svolta storica Uranio impoverito (Foto di walacha2330 da Pixabay)

Una pronuncia che segna un punto di svolta nella tutela dei militari italiani. Il Consiglio di Stato ha introdotto una presunzione relativa del nesso causale tra esposizione a uranio impoverito e patologie tumorali.
Una decisione attesa quindi da anni che riconosce il rischio professionale specifico per chi ha prestato servizio in contesti ad alto rischio. Come ad esempio missioni internazionali o poligoni di tiro sul territorio nazionale.

La svolta giurisprudenziale: tutela per i militari contaminati

Il 7 ottobre 2025 resterà quindi una data fondamentale per i diritti del personale delle Forze Armate. Con le sentenze n. 12, 13, 14 e 15, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha stabilito che i militari esposti a uranio impoverito o nanoparticelle metalliche hanno diritto a una presunzione relativa del legame causale tra esposizione e insorgenza di tumori.
Un principio che cambia radicalmente l’approccio alle cause giudiziarie promosse dai militari malati e dalle loro famiglie.

“Il 7 ottobre 2025 segna una giornata storica per la tutela dei militari: con le sentenze 12, 13, 14 e 15, l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha sancito che i componenti delle forze armate esposti a uranio impoverito o a nanoparticelle di metalli pesanti, durante il servizio all’estero o nei poligoni nazionali, beneficiano di una presunzione relativa del nesso causale tra esposizione e malattie tumorali.
Tale presunzione può essere superata solo qualora l’Amministrazione provi che la malattia ha un’origine estranea al servizio prestato”.

Il fondamento giuridico: rischio professionale specifico

Alla base della decisione vi è l’articolo 603 del Codice dell’Ordinamento Militare, aggiornato dal decreto-legge n. 228/2010, poi convertito nella legge n. 9/2011, che riconosce il concetto di rischio professionale specifico nei casi di esposizione a sostanze tossiche durante il servizio.

In base a questa norma, lo svolgimento di attività in ambienti pericolosi comporta quindi il riconoscimento di una presunzione relativa tra il servizio e l’insorgenza di patologie gravi. Sarà l’Amministrazione di conseguenza a dover dimostrare l’assenza di legame con il servizio per poter rigettare la correlazione.

Un passo avanti verso la giustizia e la dignità

Questa pronuncia rappresenta una conquista giuridica e morale sotto molti aspetti:

  • Offre tutela reale ai militari che hanno servito lo Stato in condizioni altamente rischiose.
  • Ribalta l’onere della prova, che ora grava sull’Amministrazione e non più sul militare malato.
  • Legittima, seppur con margine di confutazione, il legame tra esposizione a uranio impoverito e insorgenza di tumori.

«A coloro che hanno servito con onore, che hanno pagato con la salute o addirittura con la vita, e a chi ha incessantemente lottato (tra tutti, Carlo Calcagni), va un nostro abbraccio ideale. In estrema sintesi: il dovere dello Stato è proteggere chi lo protegge».
— Elisabetta Trenta, ex ministro della Difesa.

La testimonianza di Carlo Calcagni

Tra le figure simbolo di questa lunga battaglia c’è Carlo Calcagnicolonnello dell’Esercito e oggi atleta paralimpico internazionale. Calcagni ha contratto una grave patologia dopo una missione in Kosovo, dove fu esposto a sostanze tossiche.

Nonostante condizioni fisiche gravemente compromesse, continua a essere un esempio di forza e impegno.
Il suo motto “Finché respiro, combatto” è diventato l’emblema della resilienza dei militari colpiti da contaminazione.

Partecipa attivamente a eventi pubblici e incontri istituzionali per mantenere alta l’attenzione sulle conseguenze dell’esposizione all’uranio impoverito.

«Esprimiamo massima soddisfazione per la recente decisione dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato. Rappresenta un momento di grande valore giuridico e umano.
Questa decisione è un atto di giustizia atteso da anni che restituisce dignità e tutela a tanti militari e alle loro famiglie, spesso costrette ad affrontare lunghi percorsi giudiziari per vedere riconosciuti i propri diritti.
Il Consiglio di Stato, con equilibrio e sensibilità, ha colmato un vuoto di tutela che per troppo tempo ha pesato su chi ha servito lo Stato in condizioni di rischio e sacrificio».