Danno da perdita di chance: come funziona?

Il danno da perdita di chance rappresenta una categoria particolare di danno patrimoniale. In questa guida scopriamo cos’è, come viene inquadrato nella giurisprudenza e a chi spetta il risarcimento e in quali casi.

Questo tipo di danno si concretizza nella privazione di una concreta e significativa opportunità di ottenere un beneficio o evitare un pregiudizio. Non si tratta della perdita di un risultato certo, bensì della probabilità, apprezzabile e reale, di conseguirlo. Questo concetto giuridico si distingue per la sua complessità e per le sfide che pone in termini di dimostrazione e quantificazione, ma è ormai pienamente riconosciuto dalla giurisprudenza italiana in numerosi contesti, come l’ambito sanitario, lavorativo, scolastico e contrattuale.

La definizione di chance nel contesto giuridico

Il termine “chance” deriva dalla radice latina cadentia, che richiama l’idea di probabilità legata al gioco dei dadi. Nel diritto moderno, questa parola descrive una possibilità concreta e non meramente ipotetica, con un grado significativo di probabilità di successo.

La perdita di chance si configura quando un comportamento illecito, attivo o omissivo, priva un soggetto di un’opportunità significativa di ottenere un vantaggio o di evitare un danno.

In termini giuridici, la chance non è considerata una mera aspettativa di fatto, ma una componente patrimoniale autonoma che merita protezione legale. La Corte di Cassazione, in una storica pronuncia del 2007, ha precisato che “la chance non è un risultato certo, ma un’entità giuridica ed economica autonoma, suscettibile di valutazione indipendente”.

Quando si verifica il danno da perdita di chance?

Il danno da perdita di chance si manifesta ogniqualvolta un soggetto venga privato di una possibilità concreta di migliorare la propria condizione o di evitare un peggioramento. Non è necessario dimostrare che l’evento favorevole si sarebbe verificato con certezza, ma che esisteva una probabilità concreta e significativa di conseguire il risultato.

Un esempio tipico si riscontra nell’ambito sanitario, quando un errore medico o un trattamento tardivo impedisce al paziente di accedere a cure che avrebbero aumentato le sue probabilità di guarigione o sopravvivenza. Situazioni simili si verificano in ambito lavorativo, ad esempio quando un dipendente perde un’opportunità di promozione a causa di un comportamento scorretto del datore di lavoro, o in campo contrattuale, quando una parte perde la possibilità di concludere un affare vantaggioso a causa di un inadempimento.

La caratteristica distintiva di questo tipo di danno risiede nella sua natura probabilistica: ciò che viene perso non è il risultato finale, ma l’opportunità stessa di ottenerlo.

L’onere della prova: come dimostrare il danno da perdita di chance?

La prova del danno da perdita di chance rappresenta una delle maggiori difficoltà per chi richiede il risarcimento. Spetta al danneggiato dimostrare:

  1. l’esistenza di una probabilità concreta di ottenere un beneficio o evitare un pregiudizio;
  2. il nesso causale tra il comportamento illecito del responsabile e la perdita di tale probabilità.

Essendo un danno probabilistico e non certo, la giurisprudenza ha stabilito che il livello di prova richiesto è meno stringente rispetto a quello di un danno diretto. È sufficiente quindi fornire elementi indiziari, basati su criteri logici e probabilistici, per dimostrare che la chance esisteva e che è stata compromessa dall’azione o dall’omissione altrui.

Ad esempio, in ambito sanitario, un paziente deve provare che un trattamento tempestivo o adeguato avrebbe significativamente aumentato le sue probabilità di guarigione. Non è necessario dimostrare che la guarigione sarebbe stata certa, ma che le possibilità fossero concrete e quantificabili.

Come viene liquidato il danno da perdita di chance?

La liquidazione del danno da perdita di chance è altrettanto complessa. Poiché si tratta di una probabilità e non di un danno certo, il risarcimento non può coincidere con il valore integrale del risultato mancato, ma deve essere proporzionale al grado di probabilità concreta.

Il giudice, spesso utilizzando criteri equitativi, calcola il risarcimento tenendo conto delle prove fornite e delle circostanze specifiche del caso. Una metodologia comune prevede l’applicazione di un coefficiente di riduzione, che rappresenta la probabilità della chance perduta.

Ad esempio, se un paziente avrebbe avuto il 40% di possibilità di sopravvivere con un trattamento adeguato, il risarcimento sarà pari al 40% del valore totale del danno. In alcuni casi, specialmente quando la quantificazione esatta è difficile, il risarcimento può essere determinato in via forfettaria, purché il giudice motivi adeguatamente la propria decisione.

Il ruolo della giurisprudenza nel definire la perdita di chance

La giurisprudenza italiana ha avuto un ruolo cruciale nel delineare i confini del danno da perdita di chance. Diverse pronunce hanno ribadito che non tutte le possibilità perdute sono risarcibili: è necessario che la chance sia concreta, apprezzabile e non puramente ipotetica.

Ad esempio, la Cassazione ha precisato che “il danno da perdita di chance si configura come una voce di danno autonomamente risarcibile, distinta dal danno emergente e dal lucro cessante”. Questa distinzione è fondamentale: il danno emergente riguarda la perdita già verificatasi, mentre il lucro cessante riguarda il mancato guadagno futuro. La perdita di chance, invece, si colloca in una zona intermedia, trattandosi di una possibilità concreta ma non certa.

Ambiti applicativi del danno da perdita di chance

Il danno da perdita di chance si applica in molti settori. In ambito sanitario, è frequentemente invocato nei casi di malasanità, ad esempio quando un errore diagnostico riduce le probabilità di guarigione di un paziente.

In ambito lavorativo, riguarda situazioni in cui un dipendente perde opportunità di carriera a causa di discriminazioni o comportamenti illeciti. Nel contesto contrattuale, si verifica quando una parte perde la possibilità di concludere un accordo vantaggioso per colpa dell’altra parte.

Danno emergente o lucro cessante? Il dibattito giuridico

La natura giuridica del danno da perdita di chance è stata oggetto di dibattito dottrinale. Alcuni lo considerano una forma di lucro cessante, poiché riguarda un potenziale guadagno futuro. Altri lo assimilano al danno emergente, in quanto rappresenta una componente patrimoniale già presente nel patrimonio del danneggiato.

Una teoria intermedia suggerisce di distinguere due aspetti:

  1. la perdita di chance come mancato guadagno futuro, assimilabile al lucro cessante;
  2. la privazione di una possibilità concreta, vista come danno emergente.

La Corte di Cassazione ha chiarito che, indipendentemente dalla classificazione, il risarcimento deve basarsi su criteri equitativi e su una probabilità concreta.

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