La Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO)

La BPCO, acronimo per Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva, è una malattia purtroppo troppo frequente, specialmente nelle persone che hanno superato i 60 anni. I fattori di rischio per questa malattia sono molteplici, ma spesso è associata alle esposizioni nocive sul luogo di lavoro.

In questa guida facciamo il punto in modo dettagliato sulla malattia (sintomi, diagnosi, trattamenti, prognosi) e vediamo quali sono i fattori di rischio e le categorie di lavoratori a rischio.

Vediamo anche quali sono i diritti dei lavoratori vittima e come ottenere la causa di servizio per i lavoratori del servizio pubblico non privatizzato.

Cos’è la BPCO e cosa comporta?

Ma andiamo con ordine: che cos’è la BPCO? La Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO) è una patologia respiratoria progressiva che compromette la capacità polmonare, rendendo sempre più difficile la respirazione. Questa malattia è caratterizzata da un’ostruzione persistente delle vie aeree, che può peggiorare nel tempo. È una delle principali cause di disabilità e mortalità a livello globale, con un impatto significativo sulla qualità della vita dei pazienti.

Le difficoltà respiratorie progressive sono causate dall’infiammazione di broncoli e bronchi che si restringono impedendo il passaggio dell’aria. La stessa cosa succede con l’asma che però si manifesta con delle crisi respiratorie alternate a momenti in cui la respirazione non è problematica.

Le cause della BPCO: quali sono?

La principale causa della BPCO è il fumo di sigaretta, ma esistono anche altri fattori di rischio, tra cui:

  • l’esposizione prolungata a sostanze nocive come polveri industriali, fumi chimici e inquinamento atmosferico.
  • La predisposizione genetica, come la carenza dell’enzima alfa-1 antitripsina, che protegge i polmoni dall’infiammazione cronica.
  • Le infezioni respiratorie ricorrenti durante l’infanzia, che possono compromettere lo sviluppo polmonare.
  • L’esposizione al fumo passivo e agli agenti inquinanti domestici, come le emissioni derivanti da combustibili solidi usati per il riscaldamento e la cottura dei cibi.

I sintomi della BPCO: quali sono?

I segni iniziali della BPCO possono essere lievi e facilmente confondibili con altre patologie respiratorie, ma tendono a peggiorare con il tempo. I sintomi più comuni includono:

  • tosse cronica persistente, spesso accompagnata da catarro.
  • Dispnea (affanno o respiro corto), inizialmente durante l’attività fisica e successivamente anche a riposo.
  • Sensazione di oppressione al torace, legata all’ostruzione bronchiale.
  • Sibili e respiro rumoroso, dovuti alla difficoltà del passaggio dell’aria.
  • Affaticamento e ridotta tolleranza allo sforzo, che impattano negativamente sulla vita quotidiana.

Diagnosi della BPCO: quali sono gli esami migliori?

Diagnosticare la BPCO in modo tempestivo è essenziale per rallentare la progressione della malattia. Il medico, dopo aver raccolto una dettagliata anamnesi del paziente, può prescrivere vari esami diagnostici, tra cui:

  • Spirometria: test non invasivo che misura il volume d’aria espirata e la velocità del flusso respiratorio, utile per determinare il grado di ostruzione bronchiale.
  • Radiografia del torace: utilizzata per escludere altre patologie come la polmonite o la tubercolosi.
  • TAC toracica: fornisce immagini dettagliate dei polmoni e permette di individuare enfisema o altre anomalie.
  • Test di broncodilatazione: verifica la risposta ai farmaci broncodilatatori per distinguere la BPCO da altre malattie respiratorie come l’asma.
  • Emogasanalisi arteriosa: misura i livelli di ossigeno e anidride carbonica nel sangue per valutare l’efficienza della respirazione.

• Test del cammino in 6 minuti: valuta la capacità del paziente di sopportare lo sforzo fisico e fornisce indicazioni sulla funzionalità respiratoria in situazioni quotidiane.
• Ecocardiogramma: per verificare se la funzione cardiaca è influenzata dalla malattia polmonare, poiché la BPCO può avere ripercussioni anche sul cuore.

Questo insieme di esami consente al medico di avere un quadro dettagliato della salute respiratoria del paziente, distinguendo chiaramente la BPCO da altre condizioni, come l’asma, che tende a rispondere positivamente ai broncodilatatori, e da altre patologie polmonari.

Differenze tra BPCO, Asma ed Enfisema

La BPCO infatti viene spesso confusa con altre patologie polmonari, ma presenta alcune differenze fondamentali:

  • asma: è una malattia infiammatoria cronica caratterizzata da episodi di broncospasmo, generalmente reversibili con farmaci specifici.
  • Enfisema polmonare: è una delle manifestazioni della BPCO, in cui si verifica la distruzione progressiva degli alveoli polmonari, riducendo la capacità di scambio gassoso.
  • Bronchite cronica: anch’essa parte della BPCO, si distingue per una produzione eccessiva di muco che ostruisce le vie aeree e causa infezioni respiratorie ricorrenti.

Trattamento e gestione della BPCO: c’è una cura?

Attualmente, purtroppo non esiste una cura definitiva per la BPCO. Diversi trattamenti però possono migliorare i sintomi e rallentare la progressione della malattia. Tra le principali strategie terapeutiche troviamo:

  • cessazione del fumo, essenziale per prevenire l’ulteriore deterioramento polmonare.
  • Terapia farmacologica, che include broncodilatatori, corticosteroidi e mucolitici per facilitare la respirazione.
  • Riabilitazione polmonare, che comprende esercizi fisici e programmi educativi per migliorare la capacità respiratoria.
  • Ossigenoterapia, indicata nei pazienti con insufficienza respiratoria avanzata.
  • Interventi chirurgici, come la riduzione del volume polmonare o il trapianto di polmone nei casi più gravi.

Prognosi e qualità della vita: quanto si vive?

L’aspettativa di vita di un paziente con BPCO dipende da molteplici fattori. Tra questi la gravità della malattia, la presenza di altre patologie e il rispetto delle terapie consigliate.

Sebbene la BPCO possa ridurre la durata della vita, con una diagnosi precoce e un adeguato piano di gestione, è possibile mantenere una buona qualità di vita per molti anni.

La BPCO come malattia professionale: categorie a rischio

L’esposizione a sostanze nocive nell’ambiente di lavoro è un fattore rilevante nello sviluppo della BPCO. Già nel 2010, l’American Thoracic Society ha dichiarato che esistono evidenze sufficienti per attribuire un legame causale tra tali esposizioni e l’insorgenza della BPCO.

Settori industriali come l’edilizia, la siderurgia, l’agricoltura (con esposizione a polveri di granaglie ed endotossine) e l’industria tessile presentano un rischio elevato a causa della presenza di polveri sottili, gas e sostanze chimiche irritanti.

È fondamentale che i lavoratori adottino misure di protezione adeguate, come l’uso di mascherine filtranti e sistemi di ventilazione, per ridurre il rischio di sviluppare la malattia.

Sostanze nocive correlate alla BPCO

Tra le polveri correlate alla malattia ci sono quelle di silice e cadmio e di numerosi pesticidi. Altre sostanze, come combustibili, ammoniaca, formaldeide, stirene, vetro, asfalto, gomma, plastica, legno e carta, sono anch’esse associate a un incremento del rischio. Studi sperimentali su modelli animali hanno, inoltre, dimostrato che l’inalazione di composti come l’anidride solforosa, silice, vanadio ed endotossine può indurre condizioni simili all’enfisema e alla bronchite cronica.

La BPCO come malattia professionale: i numeri

La diagnosi della BPCO, soprattutto quando si sospetta un’origine professionale, risulta particolarmente complessa. La malattia ha molteplici fattori causali e un lungo periodo di latenza, rendendo difficile collegare l’insorgenza dei sintomi alle esposizioni avvenute anni prima. Per questo motivo, la raccolta di una dettagliata storia lavorativa diventa cruciale.

Il medico deve conoscere con precisione le attività professionali svolte, le sostanze irritanti con cui il paziente è venuto in contatto, la durata e l’intensità delle esposizioni, l’uso di dispositivi di protezione e le condizioni degli ambienti di lavoro, inclusi i sistemi di aspirazione presenti. Attribuire la BPCO esclusivamente a cause lavorative è complicato, soprattutto in soggetti fumatori.

Dall’analisi dei dati forniti dall’Istituto Nazionale per l’Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro (INAIL) emerge che ogni anno vengono segnalati solo poche centinaia di casi di BPCO come malattia professionale, mentre si stima che, con un Population Attributable Risk (PAR) del 15%, in realtà ci sarebbero circa 180.000 casi.

Il 15–19% di tutti i casi di BPCO è attribuibile a esposizioni sul lavoro, percentuale che può salire fino al 30% nei soggetti non fumatori. A livello globale, infatti, si stima che tra il 25% e il 45% delle persone affette da BPCO non siano fumatori.

Perché la diagnosi della Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva professionale è sottostimata?

Determinare un legame causale diretto tra la BPCO e le esposizioni lavorative è complicato da vari fattori. Innanzitutto, la malattia deriva da un insieme di determinanti, tra cui l’esposizione a diverse sostanze irritanti e la predisposizione genetica. Inoltre, il lungo intervallo di tempo tra l’esposizione e la comparsa dei sintomi rende difficile stabilire una relazione temporale precisa.

Un ulteriore ostacolo è rappresentato dal “healthy worker effect”: i soggetti che iniziano a lavorare in ambienti a rischio spesso si trovano in condizioni di salute migliori, e ciò può portare a una sottostima degli effetti negativi dell’esposizione nel lungo termine.

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